sabato 14 novembre 2009

Capitolo 2 - L'inferno è per gli eroi


Nel centro della pista da ballo, corpi in preda al delirio e all’alcol si dimenavano in danze scatenate e suadenti, formando una massa indistinta, un vortice omogeneo e mulinante. Alcuni alzavano le mani al cielo, altri si scompigliavano i capelli muovendo le dita lentamente sulle loro teste, altri ancora si strusciavano l'uno con l'altro, facendo aderire i loro petti e scambiandosi illecite effusioni. Le luci stroboscopiche coloravano le pareti bianche e nere, e i colpi dei bassi rimbombavano nelle vene e nelle tempie dei presenti, al ritmo di “Survive” dei Lacuna Coil.

Sometimes I feel alone in a million crowd
An outside wandering alone without
Any words to say they can’t explain
The desire to overcome the pain
Feel the breath that’s always getting away
Am I dreaming it all? I will never be afraid
I’ll survive in this nothing leading nowhere
I’ll survive feeling stronger for how much longer?
I’ll survive in this nothing leading nowhere
I’ll survive, survive


Per Beatrix quelle parole non potevano essere così tremendamente appropriate.
<< Mi dici in che guaio sei finito questa volta? >> chiese la ragazza accomodandosi su un gelido sgabello di fronte al bancone del bar.
<< Niente. Niente. Non preoccuparti. È tutto ok. >>
<< Tutto ok?! Forse Will non hai capito la gravità della situazione. Quei tizi laggiù hanno la seria intenzione di farti fuori. All’istante. Mi vuoi dire che cosa hai combinato, mhm? >>
Erano almeno dieci minuti che cinque uomini dalla corporatura massiccia tenevano gli occhi fissi su Will, che raggiunse Beatrix al tavolo e si appollaiò sullo sgabello al suo fianco. A prima vista sembravano giocatori di rugby professionisti, dalle spalle grosse e larghe e da bicipiti così gonfi, che mostravano i segni delle vene bluastre che serpeggiavano lungo le loro braccia come vipere viscide e striscianti.
<< Una Heineken per me e... Beatrix, tu che prendi? Offro io. >> . Will si stampò un’espressione ilare sulla faccia e mostrò la sua dentatura bianca e perfetta aperta in un sorriso a 360 gradi.
Beatrix sbuffò irritata e girò la testa in direzione del barista, che aprì la bottiglietta di birra con uno scatto e poi alzò lo sguardo in attesa della seconda ordinazione.
<< Un bicchiere d’acqua, per favore. >>
<< Acqua? Cristo santo, Beatrix. Per quanto ancora continuerai con questa storia. “Io bevo solo acqua. No alcol. No problem.” Mah. Un bicchierino non ti fa mica male. Devi provarci ogni tanto. >>. Così il ragazzo si attaccò alla bottiglia tirando giù lunghe sorsate. Quando ne ebbe finito una buona metà, notò che l’amica non aveva ancora toccato la sua “casta” acqua, anzi, di sottecchi, scrutava i movimenti delle belle cinque statuine.
<< Sono tre notti consecutive che vengono qui e si fermano in quell’angolo, senza parlare con nessuno o ordinare un drink. Se volevano uccidermi, l’avrebbero già fatto. Credimi. >> E a quelle parole, ingurgitò tutto di un fiato la birra rimasta e si deliziò sentendo l’intenso calore sprigionato dalla piccola percentuale d’alcol in essa contenuta. Bruciore allo stato puro divampò come un incendio nelle sue fibre vitali, pizzicandogli lievemente la gola.
<< Non lo so, Will. Il loro astio, la loro rabbia... Avverto di continuo sensazioni del genere, ma qualunque cosa tu abbia fatto, è stata grave, e quel che conta è che li hai feriti, nel profondo. Non molleranno mai. Non ti lasceranno mai in pace. Probabilmente ti tenderanno un’imboscata quando meno te l’aspetti e poi ti tortureranno e ….>>, inspirò e cacciò nuovamente l’aria dai polmoni, << Ce ne sono altri, là fuori. Non potrai nasconderti in eterno in questa topaia. Quindi, è evidente che ti serve il mio aiuto, se vuoi vedere l’alba di un nuovo giorno. Perciò ti conviene dirmi tutta la verità. Adesso. >>
<< Ma io…>> provò a dire titubante.
<< Canta, Will, canta. >> ribadì lei con fermezza.
Will si sporse sul ripiano del bancone, pose la testa sulla mano sinistra e si puntellò su un gomito.
<< Tempo fa, ho venduto le mie ultime creazioni a un gruppo di cacciatori di New York. Erano tre casse piene di mitragliette a gas con caricatori da 40 colpi e pistole con mirini Reflex in alluminio, precise e molto comode. Oh Dio, roba da niente, ma non mi sono chiesto a che cosa potesse servire un’artiglieria di questa portata. Certo, mi è parso strano che quattro gatti facessero una richiesta del genere. Ma, uhm… non fa parte del mio lavoro. Io progetto, fabbrico e vendo. I loro scopi non mi interessano. Sai come vanno queste cose. >>
Beatrix parve scettica. << No, non lo so. Illuminami.>>
<< Comprendo che non approvi quello che faccio. Ma cerca di capire. Devo pur vivere. Tu hai il tuo bel patrimonio di famiglia, e io? E poi scusami. Anche tu non sei una santa.>>
Su questo non c’è dubbio, pensò Beatrix. D'altronde, anche per lei il “servizio ” di Will era indispensabile. Costoso, molto costoso, doveva ammetterlo. Ma i soldi non le mancavano, e anche se il suo conto in banca fosse in rosso per qualche ipotetica disgrazia, Will avrebbe chiuso un occhio. Dai a Beatrix qualche gioiellino fresco di stampa, e la mandi subito in estasi. Ma c’era differenza tra negoziare con perfetti assassini, dediti al sadico gioco della morte, e farlo con una come lei. Will lo sapeva. Forse pure quei cacciatori avevano avuto delle nobili intenzioni. Ma il problema rimaneva a galla. Perché il più ricercato contrabbandiere d’armi del pianeta, nonché creatore di apparecchiature così supertecnologiche da far invidiare persino l’esercito dei Marines o i servizi segreti dell’FBI, aveva un intero clan di licantropi assetati di sangue alle calcagna? I lycan erano famosi per la loro labile perdita di senno, specialmente nel periodo del perilunio. In ogni caso, se c’è una cosa che non bisogna fare è intromettersi nelle loro questioni private. Quando è in atto lo scontro per la scelta di un nuovo capo alfa, è meglio prendere le giuste distanze.
Will riprese il discorso, dicendo: << Hai sentito di quell’arredata sulla trentaseiesima? Nessun sopravvissuto. I cacciatori sanno fare bene i cacciatori, quando devono. Ma chi poteva mai prevedere che a rimanere feriti mortalmente fossero proprio alcuni membri del consiglio del clan dei lycan di New York, di cui uno era al governo del branco? Cioè, che ci facevano lì, in mezzo a un covo di vampiri così pieno, da sentirci dentro la puzza di morto in scatola? >>
Beatrix raccolse il mento tra due dita, massaggiandolo pensierosa. << Beh, ad essere strano è strano. Ma io lo definirei… illogico. È risaputo che tra le due razze non scorre buon sangue, ma sicuramente quei licantropi erano lì per una ragione ben precisa. Hai detto nessun sopravvissuto? >>
Il giovane annuì con un cenno della testa, facendo oscillare la sua brillante treccia.
<< Nessuno. Hanno insabbiato tutto, prima dell’arrivo della polizia. Sai, non sarebbe tanto facile spiegare una cinquantina di cadaveri decapitati e smembrati in quattro e quattr’otto. Devo riconoscere che in questo i vampiri sono molto pragmatici: sanno pulirsi i panni sporchi a casa loro meglio di chiunque altro. >>. Il suo pomo d’Adamo vibrò per una risatina divertita.
<< E adesso i lycan si ritrovano senza guida, e i vampiri senza altre bocche da sfamare. E tu cha hai procurato il materiale occorrente ai cacciatori, sei ritenuto uno dei responsabili della carneficina. Bravo, davvero bravo. >>
Will aggrottò le sopracciglia, inebetito. << Se io avessi rifiutato, quei bastardi si sarebbero rivolti altrove e lo avrebbero fatto lo stesso. Quindi, la colpa non è mia. Punto e basta. >>
Beatrix avvertì la tensione che si stava creando tra i due. Non voleva litigare. Will era solo ostinato a rimane neutrale nell’epico scontro tra Bene e Male, non voleva rogne, come diceva lui. Ma gli ignavi non fanno mai una bella fine, in un modo o nell’altro.
A spallate, i cinque lycan si addentrarono nella mischia, che adesso saltellava sulle note di “Shoot the runner” dei Kasabian. Dai loro volti trapelava una fosca inquietudine, unita a un desiderio indescrivibile per qualcosa di totalmente alieno dal tradizionale cibo o dal sesso ordinario. Sangue. Erano affamati, e se fossero stati nelle loro forme animali, di sicuro rivoli di saliva bavosa sarebbero colati sulle loro mascelle pelose. Quale creatura della notte non avrebbe resistito a centinaia di deliziosi bignè su due gambe offerti così, su un piatto d’argento?
Si mossero a passi felpati, sempre più vicini, sempre più iracondi. Nascosti in quell’angolo buio, Beatrix era riuscita telepaticamente a captare segnali d’allarme dai loro animi, non abbastanza da poterli vedere chiaramente e fisicamente. Adesso, le luci cangianti dei riflettori roteavano convulsamente per tutto il locale, e colpivano a tratti le loro immagini, che si apprestavano a diventare sempre più visibili e particolareggiate.
L’uomo centrale indossava un semplice paio di pantaloni e una camicia bianca di flanella abbondantemente sbottonata in avanti, per permettere di contemplare i muscoli scultorei del suo petto. I due a sinistra erano come due gocce d’acqua: stessa carnagione olivastra, stesso mento spigoloso, stessa fronte alta, stesso taglio di capelli (ammorbiditi da una buona dose di gel e lacca fissante), stessi orecchini a piuma verde alle orecchie, stesso piercing sul sopracciglio sinistro e stesso gilet aderente che lasciava scoperte le braccia poderose. A destra, invece, altri due lycan erano coperti da lunghi soprabiti neri, e celavano la loro espressione impassibile con due paia di occhiali da sole più scuri della notte.
Tutti loro comunicavano un senso di pericolo attanagliante, soprattutto attraverso i loro occhi, famelici e leggermente socchiusi: erano concentrati sul loro bersaglio, intenti a memorizzare ogni punto letale da poter colpire con più facilità.
<< Qualunque cosa dicano, non ti intromettere. Vedo se riesco a cavarmela da solo. Capito?>> le ordinò Will.
Beatrix lo rassicurò: << Giuro di stare a guardare mentre ti riducono in una poltiglia sanguinolenta. Va bene così? >>. Pose una mano sul cuore e sollevò l’altra con il palmo aperto.
Il ragazzo roteò gli occhi spazientito. Perché la sua amica tendeva sempre a complicare tutto? La situazione non doveva per forza prendere una cattiva piega: con la diplomazia si può raggiungere ogni cosa, si ripeteva Will in queste occasioni. Ma fino a che punto la sua spudorata neutralità poteva salvarlo nuovamente?
<< William Parker. Qual buon vento… E' da tempo che non ci si vede qui, a San Diego. >> disse a denti stretti il tizio dai muscoli d’avorio.
<< Nicia, che onore. L’ultima volta che ti ho visto appartenevi al clan di Mallik. Cosa è successo? L’aria di San Francisco era troppo afosa per i tuoi gusti? >> commentò Will con fare zuccheroso.
Beatrix si coprì il volto con due mani, appoggiando i gomiti sul tavolo a cui sedeva.
Stupido, stupido, stupido...
<< Mallik era un debole. Adesso sono io ad avere il comando. Portami rispetto. >> sentenziò cupo. Se prima faticava a mantenere a bada la sua irritazione, ora le sue parole trasudavano qualcosa che non aveva nulla a che vedere con la cordialità.
Will si inumidì le labbra e lisciò la punta della sua treccia con due dita. Non distolse lo sguardo da Nicia.
<< Ma certo, amico mio. >>
<< Non siamo amici, Parker. >>. La sua frustrazione ribolliva a ogni secondo che passava, come una pentola a pressione che sta lì lì per scoppiare. << Sono venuto a portarti via con me. Non opporre resistenza. Dobbiamo solo chiarire alcune questioni, e poi ti lasceremo andare. >>
Ma Will prese a parlare con nonchalance, indifferente alle minacce appena subite. << Ah, quindi hai sfidato Mallik, che reputavi incompetente, l’hai ucciso in duello, sei diventato il nuovo capo clan di San Francisco e poi? Hai intenzione di estendere il tuo dominio su New York e San Diego? Non sarà tanto facile, amico mio. Da quel che so, Gavel rientra tra i licantropi più forti del paese, e non a caso è il capo alfa del branco di questa città da quanto? Sei, sette anni? E dimmi, nel caso ci riuscissi, come faresti ad essere in tre posti contemporaneamente? Mhm… Se vuoi dei luogotenenti, mi offro volontario. San Diego non è male. Credo che ci rimarrò per un bel po’…>>
<< Sei sempre così sarcastico, anche quando stai per rimetterci la tua meravigliosa pelle? >>. La vena del collo di Will si contrasse in modo innaturale e sobbalzò al suono cantilenante di quella voce.
<< Sheila, vuoi convincere tu il nostro piccolo chimico a seguirci? Non abbiamo tempo da perdere. >>. Nicia, come se volesse abbracciare un’intera platea di spettatori, stese le braccia e offrì cavallerescamente una mano alla seducente figura di donna che apparve alle sue spalle. Lei non la rifiutò. Avanzò a testa alta e fece dondolare il suo striminzito vestito color blu elettrico, cosparso di perline ramate che scintillavano come una cascata di diamanti e cherubini. Sembrava sfilare su una passerella di moda parigina, e i suoi fianchi ondeggiarono a destra e a sinistra, al ritmo dei suoi passi. I tacchi alti almeno venti centimetri parevano aiutarla in quella sua appariscente comparsa nel night club e non le davano il minimo problema di goffaggine o insicurezza. Anzi, i suoi movimenti scolpivano ancora di più le sue forme sinuose che completavano quel mosaico di bellezza.
<< Oh, mio tesoro, gli anni scorrono così in fretta! Ho ancora il ricordo del tuo… sapore e dei nostri piacevoli momenti… Eri fantastico, davvero unico. Che peccato che tu sia voluto andare via, lasciandomi tutta sola. Un vero peccato!>>. Sheila emise un risolino, come una gattina selvatica in procinto di fare le fusa.
<< Già, bei tempi quelli. Ma alla fine tutto finisce, non credi? >>. Beatrix, che fingeva di sorseggiare la sua bevanda senza prestare attenzione ai loro battibecchi, non poté non fare caso al cambiamento di umore dell’amico. Una folata di vento burrascosa. Un attimo prima beffeggiava i suoi rivali, ora li temeva, desiderando con tutte le sue forze di fuggire via, anche frantumando impetuosamente l’uscio. Solo che, se Will lo avesse fatto, si sarebbe rotto l’osso del collo.
<< Will caro, ce l’hai ancora con me per quella nostra piccola scaramuccia. Oh, su! Lo sai che sei sempre rimasto nei miei pensieri! >> esclamò Sheila con enfasi, facendo scorrere un’unghia laccata di rosso vermiglio sui suoi seni e poi sempre più giù, fino a solleticarsi l’ombelico, con l’indice puntato verso il basso ventre.
Will percorse il tragitto tracciato da Sheila sulle sue curve, mangiandosela con gli occhi. Nessuno poteva resistere al suo fascino ipnotico.
<< Smettila! Subito! >>, gridò esasperato, << Che cosa vuoi da me? >>
<< Non cambierai mai, chére! >>. Sheila rise di gusto, e nel farlo, non nascose un singolare baluginio all’interno della sua bocca: due zanne sottili e biancastre arrivarono a toccare il suo labbro inferiore, pungendolo. Con un guizzo della lingua, si ripulì le sottili striscioline di sangue e i due fori scomparvero nel nulla. Puff, come nuova.
Era una Leanhaum-Shee, signora delle fate irlandesi, famosa per la sua capacità di tessere tele di seduzione che, per migliaia di anni, ha usato per far cadere ai suoi piedi tutti gli uomini che desiderava. Ma giunti al culmine della loro passione, Sheila risucchiava le loro energie vitali, rendendoli dei manichini dalla pelle incartapecorita e fin troppo fragile che, solo sfiorandola, si sarebbe polverizzata. Will non poteva essere stato così incosciente frequentandola. E per questo che non sapeva controllare il suo nervosismo, come era solito fare? Proprio lui, Will il “simpaticone”? Era forse la sua presenza che lo spronava a ricordare i loro brevi tete-a-tete infernali? E dove l’avrebbe conosciuta? In Francia? Lui era vissuto per parecchio tempo a Parigi e, dall’accento di lei, era chiaro che anche Sheila aveva fatto altrettanto in quest’ultimo secolo. Beatrix si perse in quei mille interrogativi, pensando che Will sapeva essere un grandissimo stronzo, bugiardo e misterioso, quando voleva.
<< Amor mio, non stare sul chi vive. Vieni da me, chére, vieni da me…>>
Will sentì il Potere di Sheila correre sulla sua schiena e, arrivato al centro del suo cuore, ebbe l’impressione che le parole della Shee echeggiassero dentro di lui. Poi ci fu un’esplosione, calda e piacevole, e gli occhi d’ebano di lei, in contrasto con i suoi capelli ondulati così rossi, da sembrare una fiamma viva e distruttiva, lo immobilizzarono, rendendolo un unico pezzo di ghiaccio.
Quei formicolii erano scomparsi di colpo, per dare spazio a un dolore lancinante che martellava con perizia nella sua testa. Sheila si stava nutrendo della sua ninfa vitale, come una bambina capricciosa addenta voracemente una ciambella. Bastava solo il suo glamour, (l’incantesimo che fornisce alle creature fatate la facoltà di apparire umani), per fare di lui un autentico burattino devoto al suo comando.
Will cercò di urlare, ma ciò che uscì dalla sua gola fu un fievole rantolo.
<< Prendetelo. >> ordinò Sheila sogghignando. I cinque scimmioni non se lo fecero dire due volte. I due lupi gemelli si diressero verso l’uscita, accompagnati dalla Shee, che non riusciva ancora a contenere tutto quel glamour: dovette spargerlo un po’ in giro, suscitando la bramosia di molti uomini, che abbandonarono immediatamente le loro compagne di ballo per seguire quella bomba supersexy. Uno dei due lupi mannari in nero afferrò Will per la giacca, strattonandolo come un sacco di patate. << Idiot! >> ringhiò con voce baritonale. Ma prima di poter muovere un altro muscolo, qualcosa, o più propriamente, qualcuno, gli strinse abilmente il braccio sinistro, conficcandogli un paio di unghie con una leggera pressione.
<< Fermo. Non lo porterai da nessuna parte. >>. Beatrix a stento dominava il sangue che le saliva nelle vene, a tal punto da sentire la pulsazione accelerata nelle orecchie.
<< Lasciami! Bljad’! >> tuonò lui, senza mascherare la sua evidente cadenza russa. Era diventato rosso in viso, come se gli avessero lanciato una secchiata di succo di pomodoro fresco in faccia.
<< Chvatit! >> ribatté la ragazza. Beatrix ci sapeva fare con le lingue, grazie ai suoi continui viaggi per il mondo, ed imprecare in russo le riusciva così maledettamente bene. Un sorriso di sfida le uscì spontaneo sulle sue labbra tornite, nel vedere l’espressione meravigliata del suo troneggiante avversario sovietico.
<< Beatrix, no… Va via…>> annaspò Will, che a malapena si reggeva in piedi.
<< Per una buona volta, sta’ zitto! >>, sbottò Beatrix, che si tolse il cappotto di pelle che aveva indosso e lo lasciò cadere sulla prima sedia che si trovò davanti. Se doveva combattere, non voleva impedimenti. Soprattutto non aveva alcuna intenzione di rovinare la sua giacca preferita, neanche per fare un favore a Will. Con il mento dritto e volitivo, allargò orizzontalmente le gambe, in posizione d’attacco. Distese le mani lungo i fianchi, il più vicino possibile ai suoi pugnali sai, infilati in un apposito spazio degli stivali.
<< Oh, ma cosa abbiamo qui… Will caro, non sei abbastanza uomo da difenderti da solo, e ti fai aiutare da una povera ragazzina? >> lo canzonò Sheila, che era ritornata per godersi lo spettacolo.
<< Sheila, ti prego, farò quello che volete, ma non fatele del male, io non …>>
<< Non te lo perdoneresti mai… Non è così? Quindi, devo dedurre che questa insignificante umana conti molto per te? Mi deludi, chére. Sei sempre stato così egoista e disinteressato al tuo prossimo. Mi piacevi proprio per questo. >> Mossa sbagliata. Mai dare ai cattivi l’occasione di usare una tua debolezza, mai, si ammonì Will.
<< E sai, >> continuò la fata, << quando prima ho dato un breve assaggio alla tua essenza, stavo davvero riconsiderando la possibilità di riprenderti come mio amante, ma adesso, credo che non ne valga proprio la pena. Non è vero, ragazzi? >>, disse Sheila, ora rivolgendosi ai cinque lycan che ridacchiarono all’unisono, mantenendo la loro maschera di inumanità.
<< L’insignificante umana è disposta a rompersi la testa come meglio crede, e Sheila, per la cronaca, ti si è sbavato il rossetto, proprio qui. >>, le suggerì Beatrix con aria compiaciuta, grattandosi con un dito un lato della bocca. Non era ancora uno scontro d’armi, ma questo non significava che la ragazza non sapesse giostrare con classe anche in una gara di moda e make-up.
Una nota di invidia tinse di viola le guance appuntite della fata, che spruzzò glamour da tutti i pori, scaraventandolo violentemente contro Beatrix. Questa non poté far altro che rispondere con la stessa moneta: l’irrisione. << No, no. Non funziona. Il tuo Potere su di me non ha alcun effetto: io non sono un uomo. Ti consiglio vivamente di risparmiare le energie e di pensare a qualche altra strategia. Se vuoi. >>
Sheila grugnì, e il suo incanto a poco a poco svanì, mostrando il suo viso torvo minacciato da cerchi scuri intorno ai suoi occhi carichi di collera. Con un cenno, istigò i suoi lupi a prepararsi a uno scontro mortale.
Nicia estrasse da dietro i pantaloni una lama lunga quanto il suo avambraccio, mentre gli altri impugnavano pistole e pugnali sottili e lucenti sotto il rosso e il verde dei riflettori. Ma Beatrix fu più veloce. Saltò, roteando in aria con una capriola, e atterrò sul bancone trascinandosi con sé Will, ancora stordito e traballante.
Una raffica di colpi perforò il banco del bar, dietro cui i due avevano trovato riparo, e una nuvola di polvere da sparo e schegge di legna bruciata si gonfiò nell’aria, come se fosse grondante di pioggia.
Beatrix sbatté le palpebre, e volse la testa verso Will che rintracciò il suo sguardo.
<< Non c’è un’uscita secondaria qui dentro? >> gli domandò, sentendo i proiettili sempre più vicini alla sua carne.
<< Sì… Di là. >> rispose Will, indicando l’ala est del locale, opposta all’entrata principale. Stringeva con entrambe le mani la sua fiduciosa Beretta 92 e il metallo freddo lo rincuorò, regalandogli quell’afrodisiaco senso di sicurezza apparentemente perduto.
Beatrix fece per alzarsi, ma un proiettile le sfiorò i capelli da sopra. Perciò si rannicchiò su se stessa, e si chiese cosa diavolo Sheila stesse puntando nella loro direzione: era una specie di cristallo o un diamante cilindrico, che aveva formato grossi buchi neri sulla carta da parati e aveva ridotto in mille pezzi le bottiglie piene di alcolici sistemate sugli scaffali. Una pozzanghera di rum, whiskey e gin tonic inzuppò i pantaloni e la canotta beige di Beatrix. Maledizione!
<< Ma che cavolo ha quella in mano? >>
Will si sporse quel poco che gli bastava per vedere a che cosa Beatrix si stesse riferendo. Poi capì. Sheila aveva cacciato una sciccosa rivoltella dalla sua borsetta, che faceva pendant con il suo elegante vestito a tubino. Il guardaroba di quella donna sembra non avere limiti, opinò Beatrix mentalmente.
<< Ti riferisci alla rivoltella? >> le chiese Will, facendo aderire le spalle contro l’angusto angolino dietro di lui.
<< Mio Dio, è una pistola quella? Ma dove prende tutta quella roba firmata? >>. Una sfumatura di incredulità balenò sul volto della ragazza, che intanto si guardava attorno per inquadrare qualsiasi punto di fuga o appiglio su cui issarsi, senza venire colpita o, nel peggiore dei casi, uccisa a pistolettate.
<< Beh, le ho regalato quel gingillo quando stavamo ancora insieme. Ero convinto che dopo la nostra rottura l’avesse cestinato, o perlomeno fracassato a suon di morsi… Cristo… E' proprio strana la vita. >>
<< Con tutta sincerità, quale pazza rinuncerebbe a un oggetto simile? >>
<< Beatrix… >> Will si scosse a destra e a sinistra, sconfitto. << Vorrei continuare a chiacchierare, ma la situazione non è una delle più felici. Hai qualche idea geniale a proposito? Vorrei vivere per almeno un altro decennio. Chiedo troppo? >>.
La ragazza si era concentrata con molta diligenza su Will e sui lycan, però aveva completamente ignorato il panico che aveva avvinghiato i clienti del club, che si erano ammassati frettolosamente verso l’uscita di sicurezza, spingendosi a vicenda e calpestandosi i piedi. Will, invece, aveva i timpani staccati dal cervello per quante grida di disperazione aerassero intorno a lui.
Improvvisamente i lycan dovevano aver finito le cartucce dei caricatori, perché l'Exotic café fu riempito da un silenzio tombale, quasi inquietante.
<< Hai un accendino? >>, intervenne Beatrix con il cuore in gola. Ogni filamento del suo essere sembrava in fibrillazione: le intenzioni tutt’altro che buone dei lupi mannari e l'accanimento di Sheila nei suoi confronti la stavano bombardando con una forza tale da cristallizzarle il respiro. Strinse i pugni, sbiancandosi le nocche delle mani.
Uno, due, tre, quattro…
Calma.
Il sistema del conteggio funzionava sempre.
<< Cosa?! >>. Will non aveva la minima idea di cosa stesse frullando nella mente dell’amica. Per quale magica alchimia Beatrix gli stava facendo una richiesta simile?
<< Dannazione, Will! Un accendino, forza! >> Anche stando nascosta, negli occhi della ragazza due coppie di capillari rossi divennero più evidenti e marcarono il confine di una imminente crisi di nervi. Stava per impazzire.
Will setacciò a tentoni le tasche dei jeans, della giacca, della camicia… Nulla. Assolutamente nulla. Ma perché aveva deciso di smettere di fumare quella stessa settimana? È proprio vero che quando ti serve una cosa, non la trovi mai nel momento opportuno, pensò sull’orlo della costernazione.
<< Tenete…>> sussurrò un minuscolo troll, che si era appartato in una fenditura altrettanto piccola, mantenendosi con due zoccoli le sue orecchie grigie a punta, che spuntavano come torri alate ai lati della sua testa. Nonostante le sue restringenti misure, riuscì comunque a lanciare un accendino economico a Beatrix, che lo prese al volo.
<< Grazie Billy Junior. >> Beatrix gli fece un gesto di gratitudine col capo.
<< Che intendi fare? >> Will era sempre più curioso, ma rimase fermo dov’era. La sparatoria non era ancora finita.
<< Sta' a vedere. >>. Con un click del pulsante automatico, una fiammella rosso-arancione scintillò tra le mani di Beatrix, tenute a coppa per evitare che anche solo un suo sospiro potesse soffocarla. Avvicinò l’estremità di un polpastrello a quel calore e la fiamma si espanse per tutto il suo dito, la sua mano, il suo braccio… Beatrix stava andando a fuoco!
<< Ragazza, ma che…>>
Will non riuscì a proseguire con la sua stupita affermazione, quando l’amica si ritrovò con entrambe le braccia che ardevano come due torce di legno. Ma né i suoi abiti né la sua carne si stavano bruciando. Era un incendio di Potere, forse antico quanto gli spiriti primordiali.
Beatrix si strofinò le mani infuocate e le mantenne aperte ad offertorio per controllare la sferica scintilla appena generata, che si librò in aria come se fosse dotata di un proprio intelletto.
<< Il fuoco è la fonte di ogni luce, e nella luce il fuoco avanza…>> Beatrix deglutì, e incurante della potenza nemica, concentrò le proprie forze sulle piante dei piedi. Così prese uno slancio sufficiente per planare in alto, uno… due… tre… quattro metri da terra.
Le fiamme presero la forma di una coda scagliosa di un drago o di una fune nodosa, che seguirono la loro Incantatrice e le fasciarono le gambe e le spalle, sino a sfiorarle le clavicole. Beatrix e il suo Potere volarono insieme. Erano una cosa sola. Inseparabili. Indistruttibili. Inafferrabili.
Dinnanzi a lei si formò una pellicola translucida, che faceva da barriera a ogni possibile minaccia esterna. Compresi, fortunatamente, i proiettili, che sbattendovi contro, finivano per liquefarsi.
I due licantropi russi non realizzarono mai che cosa stesse succedendo. Furono raggiunti dalle lingue cocenti, che arsero i loro soprabiti scuri come se su di essi fosse stata versata una grossa quantità di benzina o qualunque altra sostanza infiammabile. Al contatto col fuoco, i lycan si indeboliscono, ma non muoiono. Possono maggiormente tollerarlo rispetto ai vampiri, tuttavia il fuoco è fuoco. Come per gli umani, anche per i lupi le ustioni fanno un male cane.
Slanciandosi di lato, Beatrix recuperò il sai dagli stivali, scivolò e riappoggiò i piedi sul pavimento, che le fiamme continuavano a lambire, ma non lei. Non l’Incantatrice.
Fece una giravolta e si scagliò contro Sheila. La fairy non ebbe il tempo di premere il grilletto per spedire un colpo dritto al petto della ragazza che si ritrovò supina e a gambe all’aria. Fu come un fulmine. Una spaccatura violacea, e una linea di sangue serpeggiò copiosamente sul mento della Shee, all’altezza del suo collo. Sheila si distrasse un attimo, rimettendosi dritta sulla schiena, ma Beatrix ne approfittò. Serrò la presa sul pugnale destro, e artigliò la pancia della Shee, appena sopra l’osso pudico. Risalì con lentezza lungo il suo piatto ventre, squarciandola. Accasciata su se stessa e ansante, la fata sgranò gli occhi e ghignò un comando, con voce resa stridula dal dolore e dalla rabbia.
<< Uccidetela! >>
Nicia, senza battere ciglio, si scaraventò su Beatrix, che si era già preparata al contrattacco distendendo le braccia una a lunghezza più piccola dell’altra e ancorando i pollici tra gli tsuba e il rostro centrale. I due pugnali e la daga di Nicia cozzarono, e lo scintillio delle lame riverberò sui volti dei due sfidanti, illuminati da un livido riflesso ambrato. Le fiamme ancora trepidavano tra le dita dell’Incantatrice.
I muscoli tesi per la spinta di lui costrinsero Beatrix a indietreggiare di un passo. Barcollò, ma il suo Potere le formicolò la pelle e un vigore inaspettatamente rifocillante gorgogliò nelle sue membra. Beatrix conservò il suo Potere in un pugno, e disegnò un arco rosso-argenteo nell’aria, affettando in due parti il pesante corpo di Nicia come gli spicchi simmetrici di una mela. Sai e fuoco erano ineccepibilmente in sincronia.
Uno in meno.
I due gemelli lycan caddero carponi con le palme ben aderenti al pavimento. Le loro schiene si spaccarono con uno scrocchio, e sangue e pus giallognolo si sparse intorno a loro, formando una macchia rotonda e maleodorante sul parquet. Peli irti e bruni lampeggiarono come fari, emergendo dal loro apparente status umano, mentre vari pezzi di carne rosata penzolavano dal manto nero dei due lupi. Digrignarono i denti e tirarono indietro i loro musi umidi come per annusare l’odore invitante di Beatrix, o valutare una perfetta angolazione per poter rispondere meglio all’attacco. Prima di poter tendere le zampe anteriori, per ricevere una spinta dal basso, una rete calò dal soffitto, avviluppandoli e alzandoli sempre più su… I due lycan tentarono di spezzare le spesse corde intrecciate della trappola, ma più vi si accingevano, più la rete aderiva alle loro pellicce come una seconda pelle.
Beatrix alzò lo sguardo.

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