giovedì 28 gennaio 2010

Capitolo 7 - L'ultima delle Incantatrici





<< Ti prego, Beatrix, parlami! >> Will le diede un bacio sulla fronte bruciante, trattenendola in un abbraccio così saldo che ebbe il timore che le mancasse il respiro.
L’Incantatrice si lasciò cadere sul suolo e nascose il volto nelle mani tremanti. L’accappatoio scivolò dal suo corpo e si ammassò intorno a lei, formando un cuscino di un bianco che si sposava candidamente con la sua pelle nivea.
<< Will…io…non…voglio…>> Beatrix rantolò disperata, sentendosi risucchiata da una voragine di panico.
Il mutaforma raccolse quel panno umido e senza vergogna cercò di coprire la nudità di Beatrix, troppo impaurita per poter rispondere alle esortazioni di Will con qualche sua battuta tagliente.
La mente della ragazza era già stremata dalle emozioni circostanti che si accalcavano contro le pareti di quell’appartamento sotterraneo come spiriti vaganti alla ricerca di appagamenti per le loro faccende in sospeso. Come se non bastasse, una serie di immagini degli ultimi giorni della sua prima vita cominciarono a turbinare dinnanzi i suoi occhi: i capelli dorati di Matt che ballavano una danza tutta loro quando correva a prenderla in braccio, sfottendola e facendole il solletico nelle parti più sensibili … il viso celestiale di Dalila, sua madre, che le diceva che sarebbe partita per Cloud Town e ritornata giusto in tempo per il suo compleanno…l’espressione rassegnata di Beatrix che acconsentiva non molto entusiasta alle richieste della madre di mantenere pulita la casa e di badare a quel balordo di suo fratello che non era capace di farsi un nodo decente alla cravatta senza rovinarsi la stiratura… l’ultima carezza di Dalila prima di scomparire nel triangolo di luce proveniente dai lampioni fuori dalla porta, in fondo alla via…la strana notte insonne che Beatrix passò dopo la partenza di Dalila, perché troppo in ansia per qualcosa che non capiva, ma che sentiva scorrerle nelle vene, fremere come qualcosa di vivo sotto la sua pelle…il giorno della festa tanto attesa che diventò per Beatrix un’opportunità di sentirsi diversa dal solito, più grande di un anno, positivamente cambiata dentro…ma poi nella piccola hall della sua villetta la vista dei mobili antiquati rovesciati e orribilmente frantumati…i muri macchiati da rivoli cremisi… gli occhi delle persone amate ormai vitrei e aperti verso il nulla…sorrisi stroncati dalle lame e dagli artigli di esseri immondi…una fitta lacerante alla schiena e alla nuca… il cuore che batteva come un tamburo…la bile che le saliva alla gola…altri colpi alla pancia e alle costole rotte lanciati da quell’ombra scura che si divertiva a picchiarla… le sue urla e lamenti vani che erano troppo deboli per poter essere uditi da lontano…una voce virile che gridava “Scappa Beatrix, scappaaa!!! Mettiti in salvo!!”… Matt…oh Matt, ancora in forze per reagire alla calamità che aveva sopraffatto la sua famiglia…
Il ricordo di Beatrix del sangue fresco che le tinteggiava le mani, i vestiti e i capelli e di un pugnale nero che affondava fluidamente nella sua carne era così reale, come se stesse rivivendo ancora una volta quell’orribile esperienza!
<< Non voglio…ricordare…IO-NON-VOGLIO-RICORDARE…USCITE DALLA MIA TESTA!! >> strillò Beatrix rabbrividita.
La terra tremò sotto i loro piedi, e un grande specchio di stile egiziano si spaccò in due. La lampada sul comodino emise un baluginio che si interruppe più volte sino a spegnersi del tutto con un’elica di fumo. Ma un brusio incessante iniziò a ronzare nelle orecchie di Will: i tubi del gas.
<< Piccola, ci sono io qui con te. Non devi ricordare niente, se non lo desideri. Nessuno ti farà del male! Così facendo non risolverai nulla. Oh buon Dio misericordioso, miserere… >>
Will prese il volto di Beatrix nelle grosse mani per essere alla sua stessa altezza e guardarla negli occhi gonfi e arrossati.
<< Io sono fatta per distruggere, capisci…tutti quelli che mi sono accanto finiscono per morire e io non posso farci nulla…non dovresti stare con me…io porto solo Morte…io sono…malvagia… >>
Sopra il letto il quadro raffigurante “La notte stellata” di Van Gogh cedette da un lato e le porticine dell’armadio di Will si mossero impazzite contro le pareti, scrostandone il colore della vernice. Era stupefacente vedere come i quattro elementi partecipassero al dolore dell’Incantatrice con così tanta passione, seminando caos e disordine.
<< Malvagia, tu? Oh, Beatrix, io non ho mai conosciuto una persona più altruista di te! Come ti è saltata in mente un’idea simile? Vieni qui. >> Beatrix rispose con foga alla stretta di Will, affondando una guancia nella sua spalla. Il suo amico era lì, vivo e vegeto, non come i fantasmi della sua mente.
<< Mi mancano…mi mancano Will…non riesco più a far finta che questo sia solo un incubo. Ti scongiuro, dimmi che finirà e che presto potrò farli tornare indietro come Nikita ha fatto con me…ti prego, dimmelo! >> lo implorò solennemente Beatrix con voce incolore, aggrappandosi alla camicia di Will striata di lacrime.
<< Ragazza…>>
<< Lo so che non è possibile, ma fammelo credere lo stesso… da qui. >> Beatrix spostò la sua testa su quella dell’amico, sfiorandogli le pieghe della fronte con le labbra semiaperte.
Will non era empatico, ma quando la sofferenza di una persona che si ama diventa così palpabile, non ci sono nessun Potere, nessuna forza salvifica o oscura e nessun incantesimo che possano arrestare il dolore che cresce ineluttabile. Se Beatrix non fosse mai rinata, adesso sarebbe in pace, in quella luce che si spera sia il paradiso. Purtroppo il sacrificio richiestole da Nikita era troppo alto: vivere ancora una volta, ma in solitudine. Quella donna le aveva fatto più un male che un bene, ma Will avvertiva spasimi incontrollati al cuore al solo pensiero che Beatrix fosse lassù invece che tra le sue braccia. E poi, quante persone erano salve grazie a lei? Centinaia. Beatrix era l’unica amica capace di assecondare la sua natura demoniaca, l’unica a tirare il freno a mano quando lui cominciava a esagerare un po’ troppo, l’unica a farlo sentire più umano di quello che si meritasse. Perciò il minimo che poteva fare per lei era mentirle.
<< Troveremo una soluzione, Beatrix, e un giorno sarete di nuovo uniti, per sempre. Ti do la mia parola. >>
E a quel punto piansero insieme, non sapendo però chi dei due aveva più bisogno dell’altro.

Beatrix era distesa sul divano-letto di Will con una coperta di lana che le inguainava le gambe e i fianchi. Le bruciavano gli occhi, e le pareva accecante anche il semplice riflesso lunare che compariva tra le sbarre della finestrella sotto il soffitto. Passò in rassegna la stanza del mutaforma per vegliare se aveva creato ulteriori danni oltre alla sveglia, lo specchio e qualche altra cianfrusaglia di Will selvaggiamente rovinata dal tornado-Beatrix.
Ma la cosa fondamentale era che non era più nuda. La scenata di prima era stata molto imbarazzante. Almeno adesso poteva vantare di avere un paio di jeans scoloriti e una felpa con buffe stampe disegnate sopra. Erano capi eccessivamente larghi per lei, nonché maschili e di vecchia annata.
<< Come va? >> volle chiedere Will, portando una tazza fumante attentamente, come sui trampoli.
Scansò la porta della camera con molta subitaneità, ritrovandosi ai piedi del materasso con un’espressione apprensiva.
<< Meglio, se così si può dire. >>
<< Bé, vedo che la lampadina del bagno è ancora funzionante. Quindi ti prendo in parola. >>
<< E dai… scemo! >> Beatrix gli lanciò addosso un poggiatesta che le capirò a tiro, mancando il bersaglio volontariamente.
<< Ehi! >> Will si accomodò al lato destro di lei e accavallò i piedi, mantenendo il bicchiere in equilibrio sulla sua pancia.
<< Scusa per la mia sfuriata…e solo che a volte ho i miei crolli morali e non riesco a mantenere tutto dentro. >> Beatrix si voltò per guardare con aria indagatrice la faccia di Will, seminascosta dai giochi di ombra che si divertivano a lasciare scoperti solo i suoi occhi dal taglio perfetto.
<< Mia dolce Incantatrice…se non ti incazzeresti ogni cinque minuti non saresti tu. >>
<< Vero >> concordò lei placidamente.
<< E a me piaci per quello che sei. Quindi non farti venire strani complessi che non hai per dare da mangiare a strizzacervelli senza palle o roba così. Non ti permettere. >>
Beatrix rise allibita. << Non è nelle mie intenzioni! >>
<< Per fortuna! Dio sia lodato! >> Will fece il segno di croce e si trastullò con il suo monile come se fosse un rosario.
<< A quanto pare, sei molto più religioso di ciò che credessi. >> L’Incantatrice indicò i crocifissi e le statuette di angeli beati dalle mani congiunte che rendevano il cassettone di fronte al letto un santuario vero e proprio.
<< La mia casa è a prova di vampiro, non ti pare? No, va bé, bando agli scherzi, sì…lo sono molto. >> Le gote di Will erano diventate come due grandi rubini che davano più vitalità al suo caratteristico pallore facciale.
<< È paradossale, sai. Un demone che crede in Dio, e che lo venera con tutto se stesso. Non è molto frequente. >> osservò Beatrix fissando i peli del petto di Will che venivano schiacciati dalla pesantezza della sua collana, così preziosa per lui, spiritualmente parlando.
<< Ho vissuto per molti secoli, e alcune cose che ho visto non possono essere spiegate se non per miracolo divino. >>
<< Tipo? >>
Will utilizzò tutta l’intensità del suo sguardo per far capire a Beatrix cosa voleva intendere, o più precisamente, chi stava menzionando in modo implicito.
<< Io non sono un miracolo. Definiscimi uno scherzo della natura, piuttosto. >>
Will si accigliò. << Io non ti capisco Beatrix…il tuo è un dono, non dovresti rifiutarlo così…>> fece un movimento rotatorio con due dita << e sono pronto a scommettere che prima che tu venissi qui da me, hai salvato un innocente, e quello ti ha pure ringraziato. Allora…ho indovinato? >>
Bastardo calcolatore. Will sapeva sempre trasformare qualsiasi argomento in tornaconti personali confezionati in pacchetti su misura.
<< Hai vinto, Beretta 92. Però non ti pago. Non hai stabilito il valore della puntata, quindi considero annullata la tua scommessa. >>
<< Sei sempre la solita guastafeste… >> Will sbuffò apertamente, ricadendo supino sul letto. Non riusciva mai ad imbrogliarla, proprio mai. Che strazio!
<< Will, attento! Così si versa! >> Beatrix gli ricordò che la tazza era in bilico su di lui, a un passo dal rovesciare il suo contenuto sul piumone, causando un alone che neanche un quintale di detersivo avrebbe potuto eliminare.
<< Giusto…>> Il mutaforma si ricompose sistemandosi qualche ciuffo scomposto che si liberava dalla sua treccia di solito assolutamente impeccabile. << È per te. Una bella tazza di cioccolata calda per acquietare i tuoi sensi bollenti. Il cacao me lo porta ogni settimana un tipo venezuelano che ho conosciuto a Buenos Aires. È ottimo. Assaggia. >>
Beatrix ricollegò i neuroni atrofizzati al suo cervello, per ripescare un ricordo vago riguardo a quell’incontro riferito da Will.
<< Ma Paser non ti voleva ammazzare? O era Sindrome? >>
<< Sì…era Paser…ma abbiamo risolto ormai. È acqua passata. Dai su, bevi, se no si fredda. >>
Beatrix adorava sentire scendere sulla sua lingua la cioccolata cremosa e zuccherina che eccitava le sue pupille gustative, e Will in cucina ci sapeva proprio fare. Per giunta la bevanda era a temperatura esatta, tiepida, come piaceva a lei: se era troppo calda, rischiava di bruciarle la bocca, se era troppo fredda, rubava la soddisfazione di berla lentamente mentre il vapore saliva come coltri di fumo nelle sue narici. Una delizia insuperabile. Sicuramente Will avrebbe rimbeccato dichiarando che esiste un piacere più intenso e travolgente. Ma stranamente chiese: << Cosa farai adesso? >> Uno sprazzo di malinconia contaminò la sua voce, ora più bassa e silenziosa.
<< Andrò a Cloud Town. >> Beatrix non smise di godersi la cioccolata che appariva come una pozza vertiginosa tra le sue mani, mentre soppesava il peso della sua affermazione. Era una pazzia trasferirsi lì, dove probabilmente non avrebbe trovato altro che terrore e ostilità in uno scenario di peccaminoso mistero. Forse il suo amico pio avrebbe voluto accompagnarla in quella landa desolata e dimenticata da Dio. Beatrix sorrise avvertendo quella mezza intenzione di Will farsi strada nei suoi pensieri. Ma lei non lo avrebbe permesso. Per questa volta Will doveva farsi da parte.
A Cloud Town c’era qualcosa che non andava. Persino attraverso il notiziario, si carpiva un chiaro malessere non solo dei cittadini, ma anche della natura stessa. Gli alberi quasi spogli e paurosamente contorti facevano da corografia a un cielo tempestato da nuvoloni grigi e minacciosi.
Una tipica atmosfera alla Sleepy Hollow.
Per fortuna alcune stelle del firmamento erano visibili nonostante il manto cupo della notte, e marcavano i sentieri cosparsi di foglie secche che si posavano sul terreno con soavità.
<< Ho meditato su questa mia decisione…e suppongo sia la cosa migliore. Adesso ho capito che devo andare a fondo, Will. È in ballo la verità sul mio destino e non posso rimanere in panchina ad aspettare che arrivi il mio turno. Ho tergiversato per troppo tempo… >> Beatrix sollevò beffarda il volto alla luna << Cloud Town ha qualcosa che mi appartiene, anche se non so cosa sia. Qualche giorno fa, quando stavo a Los Angeles, ho visto una donna piangere perché aveva perso suo figlio. Mi sono avvicinata e le ho chiesto cosa non andasse e come potevo aiutarla, mentre altri la scansavano pensando che quella fosse la povera malata di mente che cerca ogni notte suo figlio morto da dieci anni… Io mi sento così Will… aspiro a una sensazione non estranea per me…che… >> L’Incantatrice riprese nuovamente fiato abbassando gli occhi febbricitanti << … che è lì, a Cloud Town, che mi attende…e rientra con il mio Potere…e non so perché… >>
<< È normale, Beatrix, che tu ti senta attratta da quel posto maledetto. >> ribatté Will rassegnato, il tono raschiato da una nota dolente. << Cloud Town è una valle sulla costa del Pacifico non molto distante da Los Angeles. Dopo la guerra statunitense-messicana, la città divenne un piccolo centro agricolo, con qualche sobborgo e fattorie distanti dalle zone urbane. Descritta così sembrerebbe una normalissima cittadina, ma già prima dell’arrivo degli europei queste terre erano macchiate dall’indegna mano di Satana. E parlo di molti millenni fa. Successe qualcosa che innescò una potenza demoniaca di ingenti dimensioni, Beatrix, e Cloud Town ne era l'epicentro. Non so come sia stata sventata quell’apocalisse, o chi sia stato il salvatore di turno. Noi demoni ci sentiamo collegati a quella città, come voi Incantatrici, perché è il depositario di un Potere arcano, dove convergono creature di ogni sorta.>>
<< Questa è la voce dell’esperienza che parla. >> ipotizzò Beatrix meravigliata nell’udire un Will così sibillino e reticente.
<< Ci sono stato, secoli fa, e non vorrei ritornarci. Ma sapendo che tu ci vai, potrei…>>
<< No, Will, hai ragione. Tu rimani a San Diego. Domani prendo un volo per Los Angeles, raccolgo la roba che ho lasciato nel mio appartamento, e vado dritta a Cloud Town. >>
<< Beatrix, rimani qui. C’è abbastanza spazio per entrambi, non andare, ti prego. >>
Beatrix scattò dal letto, abbandonando Will nel suo stato confusionale.
<< Devo sapere, io ho bis…>> la frase le morì in bocca, quando Beatrix notò di sfuggita un enorme volatile marrone che sorvolava sui tetti e planava in aria, leggiadro come una libellula. << Oh, Dio, Will! L’hai vista? >>
Il demone si girò al richiamo della sua voce, corrucciando la fronte. << Cosa, scusa? >>
<< Era un’aquila, sì, proprio un’aquila. >>
<< Ragazza, ma hai le allucinazioni? Non esistono aquile che svolazzano nei cieli di San Diego. Per favore, Beatrix, siediti e dormi. Domani mattina ti prendi un bel caffè e ti togli quei grilli che hai in testa. Solo a nominarlo quello schifo diventi claustrofobica e maniacale, e vedi cose impossibili! >>
<< Bah…ero sicura che fosse… ok, una dormita non mi farebbe male… ma non posso rimanere qui. >>
Beatrix attraversò di corsa la stanza, finendo nel laboratorio di Will dove i suoi macchinari erano tutti all’opera: strani liquidi bollivano in un becher grazie a una fiamma blu-arancione sottostante e da un distillatore una goccia precipitò nel fondo di un basso cilindro. Beatrix ne riconobbe subitamente il profumo: essenza di rose rosse.
Will si accodò a lei, cercando fermamente di evitare che l’Incantatrice commettesse una sciocchezza. << Beatrix! Ti vuoi fermare un attimo! Non ti ho ancora detto nulla su Cloud Town…là sarai destinata ad impazzire! Non puoi reggere tutta quella malvagità! Dovrai fare i conti anche con streghe nere che praticano ancora l’osculum infame con il demonio! Ragazza, sei solo traumatizzata…ragiona, dannazione! >>
<< Will, non voglio discuterne. Questo è quanto. >>
La ragazza stava per risalire le scale, quando Will la strascinò indietro. Beatrix per nulla al mondo doveva mettere il naso fuori dalla botola con la sua irrevocabile iniziativa di trasferirsi a Cloud Town.
<< No…>> Il mutaforma la strinse languidamente, imprigionandola nel cerchio delle sue braccia. Lui le trasmise una soffusa ondata di Potere Kitsune, che sfiorò le membra di Beatrix come una carezza di un amante. Armeggiò con le chiavi del suo cuore per rendere padrone il suo affetto per lei, mentre recitava un’Ave Maria mentalmente. Ma pregare sarebbe stato un atto futile. Per assolvere i propri peccati e le bestemmie giornaliere poteva anche andare bene. Però quando Beatrix si impuntava, era difficile smuoverla dalle sue decisioni.
<< Non fare così Will. >> gli sussurrò lei sentendo la schiena a contatto con il petto dell’amico, in cui aumentavano le contrazioni cardiache per lo sforzo della trasmissione di Potere.
<< Sei come una sorella per me. >> Will la costrinse a guardarlo, facendola girare dalla sua parte. Una lacrima rosata scavava una linea sinuosa su una sua guancia. << …perché mi fai sempre piangere…eh? >> si asciugò il viso con una manica << Prenditi una vacanza. Scegli tu la meta. Andiamo dove vuoi…in Egitto, in Grecia?…no, a Vienna…so che ti piace Vienna… >>
<< Non posso. >>
Will sospirò mesto. << Potrai salvare innocenti comunque. Non ti alletta l’idea? Dicono che ai Caraibi ci siano molti Demoni Lacerta, quelli tutti squamosi…>>
<< No, Will. Ti voglio fuori da questa storia... Per tutti questi anni ho cercato delle risposte su chi io sia veramente, >> cominciò Beatrix traendo coraggio dalla forza interiore che era in lei << certo, Nikita mi ha insegnato molto…ma le Incantatrici di un tempo non esistono più. Nikita è solo uno spirito guida, e come lei tutte le altre Incantatrici sono estinte, compresa mia madre. Perciò io non so cosa significhi essere un’Incantatrice al cento per cento, o il motivo per cui non ho raggiunto l'Aldilà insieme alla mia famiglia. E se un modo per scoprirlo è a Cloud Town, non vedo perché non devo andarci. Adesso ho un anelito di speranza, Will. E poi, laggiù potrei dare una mano. Ci saranno pure dei cacciatori o qualche uomo di buona volontà a darmi manforte. >>
<< Oh, come no! Faranno la fila a farsi ammazzare! >> c’era una punta di ironia nella voce di Will.
<< Parli del serial killer? >> domandò Beatrix risoluta.
<< Soprattutto del serial killer… ma secondo me la polizia nasconde qualcosa. È un lavoro troppo pulito per un demone. I mostri provano piacere a succhiare sangue dalle loro vittime o a maciullarne la carne. Probabilmente è umano, oppure qualcosa che non conosco. >>
Beatrix si portò i capelli all’indietro con un gesto lento della mano, le dita che fungevano da spazzola. << Visto così, forse…ma i vestiti bianchi delle ragazze sembrano cerimoniali. Un rito. >>
Will la fissò attonito. << Vuoi dire un rito sacrificale? >>
<< Non mi azzardo a desumere simili conclusioni, >> Beatrix alzò le spalle << ma non è da escludere. >>
<< Già…potrebbe essere così. >> Il demone chinò lo sguardo, massaggiandosi le tempie.
<< Promettimi solo che starai attenta, almeno. Non posso vivere sapendo che saresti in pericolo da un momento all’altro. >> disse Will cambiando subito discorso e cercando di non parlare a monosillabi.
Beatrix stese la mano verso di lui e adagiò le dita sulla sua fronte, i suoi occhi, il suo naso e le sue labbra, disegnandovi uno strano simbolo con frecce verso l’esterno e altre verso l’interno, terminando nel centro del suo cuore. Con il sostegno di Donough, Beatrix sperava di cospargere l’anima di Will con segni di protezione e pace interiore. Non voleva che lui soffrisse, e aiutandosi con questo amuleto magico, forse avrebbe vegliato su di lui anche a chilometri di distanza.
<< Comunque vada, un giorno ci rincontreremo… >> Pronunciò una formula sacra al suo popolo in una lingua sconosciuta a Will: il linguaggio delle Incantatrici. Pareva delicato come lo scalpitio delle acque e tenero come la ninnananna di una madre cantata per far addormentare il proprio piccolo nella culla. Il mutaforma non seppe tradurre letteralmente il significato, ma non si affannò a ricercarlo. Aveva capito appieno.
<< Prima di partire, piccola, ho bisogno di un altro campione del tuo sangue. È per il nostro esperimento. >>
L’Incantatrice annuì. << I risultati del test? >>
<< Negativi, purtroppo. Ma ci sto lavorando, mi serve solo più tempo. C’è qualcosa nel brevetto che devo rivedere…ma ci siamo quasi. >>
Beatrix aiutò Will a preparare la siringa e il flaconcino per inserire il suo sangue, con un’apposita etichetta su cui scritto “Incantatrice”. Strinse un pugno per far emergere la vena dal suo braccio, e non sentì neanche la punta dell’ago mentre questo la perforava. Seguì il flusso del proprio fiume vitale con lo sguardo, che scorreva via nel tubicino di gomma.
Quando ebbe fatto, Will conservò la provetta in uno sportello di vetro, e fissò interdetto l’amica, sul punto di dirle qualcosa. Ma decise di sorvolare, almeno per il momento.
Prese invece un block notes dove scribacchiò su una pagina un numero di telefono fisso e di cellulare, porgendolo poi a Beatrix.
<< Chiama se hai bisogno. Non esitare. >> esordì lui sommessamente.
<< Lo farò, grazie. >> L’Incantatrice si infilò frettolosamente il biglietto in tasca e si mise in spalla il suo cappotto di pelle. << A presto. >>
Così Beatrix si congedò, lasciando un Will imbambolato e afflitto da tormenti così strazianti da contorcerle lo stomaco e pungerlo con mille spilli.
Non ti girare, non ti girare, resisti, resisti, respira…
Appena fuori, Beatrix proseguì per la sua strada, provando a non immaginare l’amico totalmente in pena per lei e circondato dalle sue armi, mentre contemplava il vuoto occupato da Beatrix un minuto prima.
D’un tratto, l’Incantatrice si sentì invasa nel suo intimo da qualche guardone, in attesa nel buio della notte. La sensazione di essere spogliata da lontano si unì a un insistente odore di bruciato, che la colse di sorpresa. Non era però indigesto e nauseabondo, bensì un aroma invitante, colmante, come quello delle candele profumate al muschio bianco o alla fresia.
Un brivido la percosse e una spirale di folle desiderio pulsò in tutte le fibre del suo essere.
Venne catturata da una caldura particolarmente seducente che la mantenne sospesa tra il piacere e il dovere. E non fu solo la curiosità che la spinse a chiedersi chi fosse il Guardone e a coprirsi di pensieri poco ortodossi. Ma adesso aveva cose più importanti a cui pensare. Le reazioni del suo corpo potevano aspettare. Dopotutto, non erano anni che aveva rinunciato con decisione a una vita da comune mortale?
Percorse a brevi passi la stretta viuzza che si apriva davanti a lei, illuminata dalla luna e da un fondale di stelle che segnavano d’argento il cammino di Beatrix, come se fosse seguito da una miriade di angeli scesi dal cielo.

mercoledì 6 gennaio 2010

Capitolo 6 - Il favoloso mondo di Will



Beatrix osservò sconcertata l’impervia scala a chiocciola che sprofondava in un buio pesto, dentro la misteriosa botola-laboratorio di Will.
<< Col cavolo che ci entro in quel buco! Non si vede niente! >> si lamentò lei, mandando un’occhiataccia al suo mutaforma preferito.
<< E dai Beatrix! Sappiamo entrambi che sei assolutamente in grado di vedere al buio con le tue lampadine azzurre fatte in casa! Non fare la fifona! >>. All’altezza dei suoi occhi, Will fece il segno dei fari che si accendono e si spengono con le mani, ripetendo un petulante “Tic-tic” come un mantra.
L’Incantatrice fece spallucce. << Okay, okay! Adesso vado! >>
E fu così che Beatrix Miller iniziò la sua lunga discesa nelle viscere dell’Inferno, si diceva lei fra sé e sé, sforzandosi di ricordare perché quel maledettissimo 16 ottobre alle undici e ventitre minuti non aveva avuto nulla da fare che salvare quel deficiente del suo amico, quando poteva benissimo infischiarsene e mandarlo al diavolo, lui e quei sudici Demoni Sabbia! Beatrix non riusciva a grattarsi via quel fastidioso cipiglio dalla faccia, falciando i gradini di metallo della scalinata che sembravano infiniti e producevano una strana frizione con i tacchi dei suoi stivali.
Due cerchi celesti si riflettevano sulla scala come gli anabbaglianti di un’auto che sfreccia nella foschia notturna, evitando così che Beatrix potesse inciampare e rotolare giù per le scale.
Quando finalmente i suoi piedi toccarono terra, non trattenne un sospiro concitato.
<< Et fiat lux! >> esclamò Will a gran voce che, dopo essere rimasto dietro Beatrix per farsi guidare dai suoi occhi luminosi, alzò la manovella dell’interruttore della luce che macchiò la sala di giallo oro.
Tre lampadari bianchi penzolavano dal soffitto con un leggero cigolio, e un tappeto persiano con ornamenti rossi e verdi, nel cui centro era rappresentata una volpe con quattro code fulve e due zampe in su, si intonava perfettamente con le tendine drappeggiate che scendevano sontuose da spesse bacchette ramate, dando un’aria più accogliente e moderna alla “casa”. Una scrivania ogivale era posizionata di traverso rispetto al muro sinistro al quale si affiancava, ed era piena di plichi, documenti falsi, quaderni scarabocchiati, mappe geografiche stropicciate, una decina di sigarette abbandonate a se stesse in un posacenere di cristallo e libri dalle copertine vecchie e ammuffite che erano disposti uno sopra l’altro, come una torre di pietra pericolante.
Ma ciò che suscitò maggiormente la gioia di Beatrix fu un’immensa libreria in cui, anziché esserci una varietà di volumi in-folio, era sistemata in bella vista una ricca collezione di armi da fuoco, da quelle più classiche agli ultimi modelli progettati. Mitragliatrici, pistole e doppiette erano sorrette da piccoli basamenti in marmo, ed emanavano un luccichio appena velato come se fossero state lucidate di recente. Will ci teneva alle sue creazioni, e neanche un grammo di polvere osava posarsi su di esse, per non sminuire la loro magica bellezza. Ma niente avrebbe potuto rivaleggiare con i pugnali, le lance, le picche, gli archi compositi, le balestre, le stelle del mattino e le affilatissime spade a due mani che inforcavano un tavolo per almeno quindici persone ricoperto da una tovaglia rosso sangue. Affianco alla scrivania di Will, si ergeva in tutto il suo splendore il famoso laboratorio che dava vita a quelle che, forse, erano considerate le migliori armi del mondo.
Insieme a pezzi di metallo e molti altri aggeggi e utensili, di cui Beatrix non ricordava neppure i nomi per la loro complessità, occupavano un considerevole spazio un modesto microscopio bianco e una fila di provette con dentro chissà quale intruglio, chiuse con dei minuscoli tappi di sughero.
<< Che ne pensi? Non è il paradiso terreste? >>, intervenne Will, seguendo lo sguardo di Beatrix che indugiava su quelle lame scintillanti.
Ma lei, accortasi che la stava guardando con un misto di sarcasmo e compiacenza, si voltò lentamente verso di lui, sospendendo per un minuto la sua curiosa ispezione. << Oh, beh. Chi ha mai detto che i migliori amici di una ragazza sono i diamanti? >>
<< Per te, no di sicuro. >>, ribatté Will che si chinò di fronte a un mobiletto per prendere una caraffa di buon scotch conservato per le occasioni speciali.
Ma il demone, intento a ricambiare l’occhiata di Beatrix mentre si serviva da solo, non vide che il liquore stava fuoriuscendo dal bicchierino pieno fino all’orlo. << Accipicchiolina! >>, abbaiò indignato.
<< Accipicchiocosa? >>, gli chiese lei soffocando un sorriso con la mano.
<< Ho detto “accipicchiolina”. Non è una delle tante espressioni coniate da voi giovani delle ultime generazioni per dire “ Oh cavolo!” oppure “Per bacco!”? >> Will leccò lo scotch che era caduto sulle sue dita, ed ebbe il buon senso di usare uno straccetto per assorbire quello sul pavimento.
Beatrix scoppiò in una risata fragorosa, sollecitata ancora di più dall’aria perplessa dell’amico.
<< Mio Dio! No! Neppure quando i miei genitori erano adolescenti parlavano così. >>
<< Ah. >> Will parve ancora più confuso. << Mi sa che devo fare un bel po’ di aggiornamenti. E va bene, avrò fatto confusione con qualche altro secolo. >>
Will si accomodò su una sedia girevole nascosta dietro la sua scrivania, e fissando il vuoto, bevve il suo alcolico a sorsetti.
<< Will… posso chiederti una cosa? >>, disse Beatrix rompendo quell’insolito silenzio.
<< Fa pure. >>, le rispose l’amico senza distogliere lo sguardo da quel punto immaginario.
<< Perché hai avuto paura di me quando ho usato il fuoco, al punto di prendere l’aspetto di Billy Junior? >>
Will sistemò il bicchiere sul tavolo e le braccia sul grembo, torturandosi i pollici.
<< Il fuoco è demoniaco, Beatrix, e non a caso i demoni di fuoco sono quelli più malvagi. Ebbene, sì, ho temuto il tuo Potere. Perciò ti dico che bisogna andarci molto cauti! Io non voglio che ti succeda niente di grave. E, piccola, potrai anche essere esperta nelle arti marziali e nel controllo dei quattro elementi, ma devi capire che io ci tengo moltissimo a te e…oh Cristo…non sono mai stato bravo con parole… >>
<< Allora non dire nulla, ti prego. Quello che sento per me è già abbastanza. >> L’Incantatrice corse tra le sue braccia e gli incollò il viso al petto. Will rimase sbalordito dalla sua reazione, e pose il mento sulla testa di lei, affondando le mani nei suoi capelli setosi. Beatrix si sentiva di nuovo bambina, come quando suo fratello le faceva uno sgambetto e lei andava subito dalla madre a mostrarle un livido blu sul ginocchio, piangendo a dirotto. L’affetto di Will nei suoi confronti era come un fiore che si apre man mano alla luce del sole, così intenso da colmare i suoi vuoti, le sue insicurezze e il suo brutto caratteraccio irascibile. Dalla sua mente si spargeva dappertutto come un balsamo curativo, e per Beatrix era una sensazione meravigliosa, una brezza di felicità, una consolazione per il suo animo molto spesso infelice.
Le lacrime scesero ininterrotte sulle sue guance e per almeno una volta, non le asciugò con violenza.
Beatrix alzò lo sguardo tenendo gli occhi chiusi, ma si accorse che la catenina celtica di Will era scomparsa e che sulla sua fronte battevano delle treccine sottilissime. Si sentì pizzicata dalla barba e da…un paio di baffi? Era strano: Will aveva sempre avuto la pelle di un neonato, ma che diavolo...
Will iniziò a canticchiare allegramente un motivetto che parlava di pirati, casse di morti e bottiglie di rum con una voce diversa, ma non sconosciuta.
Sempre il solito.
<< Ma è possibile che devi sempre scherzare anche in questi momenti? >>
Will aveva preso le forme di Johnny Depp nei panni di Jack Sparrow, o meglio, del Capitan Jack Sparrow. Era insolito vedere Will con la pelle scurita dal sole, una bandana rossa, un capello da pirata, una giacca grigia con le maniche larghe e alcuni ciuffi rasta che incorniciavano la sua faccia maliziosa.
Non mancavano i suoi effetti, come la pistola con un solo colpo, la spada e la bussola che non punta al nord, a rendere più divertente la sua performance.
Beatrix era seduta sulle ginocchia di Will, e credette di morire soffocata dal ridere: i suoi occhi erano lucidi, ma non per il pianto.
Will si drizzò per sfoggiare le sue abilità imitative e cominciò a fare la tipica camminata bizzarra del pirata, presentandosi con un “Figliola, io sono il Capitan Jack Sparrow, comprendi?”
Beatrix si resse alla scrivania, e pensò "È lui! È lui! Dio, è identico!", mantenendosi la pancia e vedendo Will citare altre battute del film.
<< Yo-ho! Beviamoci su! >> Will offrì a Beatrix un assaggio di scotch facendo finta che fosse rum, e lei stranamente accettò il bicchiere inghiottendo il liquido in una botta sola.
<< Iuuu! >> Il mutaforma le diede una pacca sulla spalla, quando la vide tossire fortemente. << Così si fa’, Beatrix! >>
<< Che schifo...>> mormorò lei. Disgustata, si asciugò la bocca e gli restituì il drink.
<< A tutte le unità: Beatrix Miller ha deciso di abbandonare la sua vita da “No alcol- No problem” per abbracciare la tortuosa via dell’alcolismo! >>, annunciò Will a fantomatici spettatori impugnando il bicchierino come se fosse un microfono.
<< Oh! Questo mai! >> Beatrix gli saltò addosso, ma visto che Will non si slanciò con prontezza, si ritrovarono entrambi per terra, uniti come due sanguisughe. Rotolarono, rotolarono e rotolarono, finché Will non fu sopra di lei e non le afferrò immediatamente le mani, ora inchiodate al pavimento. Beatrix cercò di sferrargli un calcio negli stinchi, però Will le immobilizzò anche le gambe.
<< Siamo sempre più combattive. Mhm... Mi piaci quando fai così. >> Dopo quel solito bagliore rosso, il demone riprese la sua forma originaria, e avvicinò il suo naso a patata a quello di Beatrix, molto più piccolo e affusolato.
<< Che c’è? Perché mi guardi così? >>, gli domandò lei incuriosita dall’espressione pensierosa di Will.
<< Beh, ecco... volevo farti una domanda. >>
<< Fa pure. >> gli permise Beatrix, ripetendo le sue stesse parole.
Will sospirò profondamente. << Che c’è fra te e quel Turner? >> Pronunciò il nome del cacciatore come se stesse sputando un'imprecazione volgare.
<< Niente, Will. Mark è solo un combattente con manie di grandezza che sbuca come un fungo nei momenti più inappropriati, e che si immischia in questioni che non gli riguardano. >>, tagliò corto l'Incantatrice.
<< Aaahh, allora adesso siamo passati a “Mark”… >>
Beatrix inarcò le sopraciglia. << Will, non sarai mica geloso, spero? >>
<< Geloso? Io? >> Will strinse le sue labbra fin quando non divennero una strisciolina rosa. << Uhm. Forse un po’, ma non puoi escludere il fatto che lui voglia fare con te nuvole e pioggia! >>
<< Nuvole e pioggia... mi vuoi forse dire che lui vuole portarmi a letto? >>
<< La filosofia cinese è così romantica, Beatrix, e mi fa sembrare più poetico. >>
Beatrix tentò di uscire dalla presa di lui con movimenti rapidi, ma Will non voleva saperne di spostarsi di un millimetro.
<< Will, ti puoi togliere di dosso. Mi stai schiacciando! >>
<< E ragazza mia, avevo capito che questa non è la tua posizione preferita. >>
Beatrix gli sferrò una ginocchiata all’inguine, e Will si contorse su se stesso con paura che l’amica gli avesse danneggiato irrimediabilmente i suoi preziosi attributi.
L’Incantatrice, finalmente libera, si alzò e mise le mani sui fianchi, squadrando vittoriosa Will, ancora steso da quella mossa inaspettata.
<< Porca miseria, ragazza. Le sai proprio dare di santa ragione. >>
<< Oh, non sai quanto. >> Beatrix protese una mano verso di lui e Will, suo malgrado, ingoiò il peso ardente della sconfitta e si fece aiutare dall’amica per rialzarsi.
<< Senti Beatrix, non puoi negare l’evidenza. È palese la sua voglia di… >>
Beatrix spalancò gli occhi, infastidita. << Will, è possibile che per te il sesso sia un chiodo fisso! >>
<< Non è questo il punto. Tu sai bene di essere un bel bocconcino, e ti consiglio di stare attenta con quel viscido cacciatore. Non voglio che si approfitti di te. >>, gli rivelò Will, ansimante, che abbassò lo sguardo arrossito come per troncare quel tipo di conversazione fraterna. Ma era praticamente impossibile nascondere un barlume di emozioni con Beatrix presente.
<< Will, Will, Will. Piuttosto che andare con Mark, preferisco rimanere vergine. >>
La mandibola del mutaforma vibrò vivacemente, e i suoi occhi si erano ingigantiti per via della risata di scherno che stava per riecheggiare nel suo laboratorio.
<< Tu sei ancora... una verginella? >>
Beatrix si rabbuiò, con il capo inclinato e le iridi infiammate. << E tu sei un lecchino opportunista. >>
<< Ah, è così... esibizionista. >>
<< Demonio. >>
<< Piagnucolona. >>
<< Oh… piedipiatti! >>
<< Mhm, davvero...Gypsy Rose Lee. >> L'allusione alla regina delle spogliarelliste era troppo!
L’espressione furente della ragazza non permise a Will di continuare il loro scontro verbale. << Ok, ok. Bandiera bianca. Mi arrendo, Beatrix, mi arrendo! Su, facciamo pace! Se mi dai un bacio, esaudirò tutte le tue fantasie recondite e... >>
<< Il mio unico desiderio recondito è quello che devo togliermi questa melma puzzolente di lycan dai vestiti! >>
Will si tamburellò il mento. << Allora era il tuo quel puzzo orribile. >>
Beatrix ignorò il suo ultimo commento. << Hai un ricambio? >>
<< Certo. Vedi nel mio armadio. Vai infondo, dove c’è quella porticina marrone, quella lì, esatto. È la mia stanza da letto con un piccolo bagno dove potrai trovare tutto quello che ti serve: sapone, asciugamani e qualche maglietta pulita. >>
<< Grazie. >>
<< E di che. >>
Beatrix gli andò vicino sorridendo, e gli stampò un morbido bacio su un occhio. Cristo santo, sono proprio le labbra più soffici che abbia mai toccato, pensò Will vedendola allontanare.
Il mutaforma inspirò l’aria trattenendola a lungo nei polmoni, e poi si accovacciò sul suo divano-letto di fronte alla TV a plasma comprata qualche giorno prima. Premeva i tasti del telecomando con un gesto scocciato, vedendo scorrere una sequenza di canali senza individuare uno in particolare di suo gradimento. Ma quando arrivò a quello dei notiziari, alzò il volume, attirato dalle fotografie di giovani donne, alcune in carriera, altre ancora studentesse, misteriosamente rapite e…
<< …non sono stati trovati segni di violenza dai referti dell’autopsia, ma i corpi di tutte e tre le vittime, Mina Fox, Katherine Richards e Priscilla Brown, la diciottenne scomparsa due settimane fa il cui cadavere, come potete vedere, è stato appena portato via, sono stati rinvenuti dalla polizia in diversi punti del bosco di Cloud Town, con indosso delle semplici vesti bianche completamente imbrattate di sangue. Tutti sono addolorati per l’accaduto e sono vicini ai parenti delle vittime, ma ormai è giunta voce che nella piccola città si aggiri un pericoloso serial killer, bramoso di strane perversioni tutt’ora ignote agli inquirenti. Le autorità stanno cercando di contenere il panico generale, ma i cittadini sono impazienti e vogliono che sia fatta giustizia. Ci sono diverse testimonianze che confermano che la notte in cui le tre donne vennero rapite, queste avevano un appuntamento con un affascinante corteggiatore, di cui purtroppo non si sa nulla. Sembra che nessuno l’abbia mai notato in compagnia delle tre vittime.
Katherine Richards è stata vista l’ultima volta da un barista del posto, che ha descritto perfettamente il suo abito chiaro che è l’unico indizio che accomuna le tre donne. Ma ora sentiamo Tarja, la migliore amica di Priscilla:
“Oh Dio... io n-non posso credere che Silly sia... Dio. Era così solare, simpatica. Noi eravamo molto unite, ci siamo sempre dette tutto, ma poi ha cominciato a ricevere quelle telefonate e quelle lettere, e da allora non ha voluto più parlarmi; diceva che ero io quello ingiusta che voleva tenerla lontana da lui, invidiosa della sua felicità. Vi prego, trovate il suo assassino, vi prego, vi prego!”
Il detective Norrison, che conduce le indagini, ha dichiarato che di quelle lettere non c’è traccia ed egli stesso ha minuziosamente verificato le chiamate delle ultime ventiquattro ore delle ragazze. Ma niente di insolito. Nessun numero estraneo o sospetto. Chiunque sia l’assassino è molto acuto e sa ingannare bene le sue vittime. Perciò, per tutte le ragazze di Cloud Town, siate prudenti. Per ora è tutto, linea allo studio.
>>
Cloud Town. Quel nome a Will era familiare. L’aveva già sentito da qualche parte, ma dove?
Improvvisamente una boccetta di profumo che cadde rumorosamente dietro di lui lo distrasse dalle sue riflessioni.
<< Beatrix. >>
L’Incantatrice, con i capelli bagnati attaccati al collo e alle spalle e un accappatoio arrotolato intorno al corpo, fissava terrorizzata lo schermo, gli occhi sgranati e ancora più turchini.
<< Cloud... Town... è...>>, balbettò lei con voce rotta dai singhiozzi.
<< Cosa? Beatrix, cosa? >> Will le andò incontro preoccupato e la prese per le braccia, scuotendola dallo shock che l’attanagliava.
<< Cloud Town era… era la città di mia madre. E-e fu lì che lei soggiornò il giorno prima di morire. >>