giovedì 28 gennaio 2010

Capitolo 7 - L'ultima delle Incantatrici





<< Ti prego, Beatrix, parlami! >> Will le diede un bacio sulla fronte bruciante, trattenendola in un abbraccio così saldo che ebbe il timore che le mancasse il respiro.
L’Incantatrice si lasciò cadere sul suolo e nascose il volto nelle mani tremanti. L’accappatoio scivolò dal suo corpo e si ammassò intorno a lei, formando un cuscino di un bianco che si sposava candidamente con la sua pelle nivea.
<< Will…io…non…voglio…>> Beatrix rantolò disperata, sentendosi risucchiata da una voragine di panico.
Il mutaforma raccolse quel panno umido e senza vergogna cercò di coprire la nudità di Beatrix, troppo impaurita per poter rispondere alle esortazioni di Will con qualche sua battuta tagliente.
La mente della ragazza era già stremata dalle emozioni circostanti che si accalcavano contro le pareti di quell’appartamento sotterraneo come spiriti vaganti alla ricerca di appagamenti per le loro faccende in sospeso. Come se non bastasse, una serie di immagini degli ultimi giorni della sua prima vita cominciarono a turbinare dinnanzi i suoi occhi: i capelli dorati di Matt che ballavano una danza tutta loro quando correva a prenderla in braccio, sfottendola e facendole il solletico nelle parti più sensibili … il viso celestiale di Dalila, sua madre, che le diceva che sarebbe partita per Cloud Town e ritornata giusto in tempo per il suo compleanno…l’espressione rassegnata di Beatrix che acconsentiva non molto entusiasta alle richieste della madre di mantenere pulita la casa e di badare a quel balordo di suo fratello che non era capace di farsi un nodo decente alla cravatta senza rovinarsi la stiratura… l’ultima carezza di Dalila prima di scomparire nel triangolo di luce proveniente dai lampioni fuori dalla porta, in fondo alla via…la strana notte insonne che Beatrix passò dopo la partenza di Dalila, perché troppo in ansia per qualcosa che non capiva, ma che sentiva scorrerle nelle vene, fremere come qualcosa di vivo sotto la sua pelle…il giorno della festa tanto attesa che diventò per Beatrix un’opportunità di sentirsi diversa dal solito, più grande di un anno, positivamente cambiata dentro…ma poi nella piccola hall della sua villetta la vista dei mobili antiquati rovesciati e orribilmente frantumati…i muri macchiati da rivoli cremisi… gli occhi delle persone amate ormai vitrei e aperti verso il nulla…sorrisi stroncati dalle lame e dagli artigli di esseri immondi…una fitta lacerante alla schiena e alla nuca… il cuore che batteva come un tamburo…la bile che le saliva alla gola…altri colpi alla pancia e alle costole rotte lanciati da quell’ombra scura che si divertiva a picchiarla… le sue urla e lamenti vani che erano troppo deboli per poter essere uditi da lontano…una voce virile che gridava “Scappa Beatrix, scappaaa!!! Mettiti in salvo!!”… Matt…oh Matt, ancora in forze per reagire alla calamità che aveva sopraffatto la sua famiglia…
Il ricordo di Beatrix del sangue fresco che le tinteggiava le mani, i vestiti e i capelli e di un pugnale nero che affondava fluidamente nella sua carne era così reale, come se stesse rivivendo ancora una volta quell’orribile esperienza!
<< Non voglio…ricordare…IO-NON-VOGLIO-RICORDARE…USCITE DALLA MIA TESTA!! >> strillò Beatrix rabbrividita.
La terra tremò sotto i loro piedi, e un grande specchio di stile egiziano si spaccò in due. La lampada sul comodino emise un baluginio che si interruppe più volte sino a spegnersi del tutto con un’elica di fumo. Ma un brusio incessante iniziò a ronzare nelle orecchie di Will: i tubi del gas.
<< Piccola, ci sono io qui con te. Non devi ricordare niente, se non lo desideri. Nessuno ti farà del male! Così facendo non risolverai nulla. Oh buon Dio misericordioso, miserere… >>
Will prese il volto di Beatrix nelle grosse mani per essere alla sua stessa altezza e guardarla negli occhi gonfi e arrossati.
<< Io sono fatta per distruggere, capisci…tutti quelli che mi sono accanto finiscono per morire e io non posso farci nulla…non dovresti stare con me…io porto solo Morte…io sono…malvagia… >>
Sopra il letto il quadro raffigurante “La notte stellata” di Van Gogh cedette da un lato e le porticine dell’armadio di Will si mossero impazzite contro le pareti, scrostandone il colore della vernice. Era stupefacente vedere come i quattro elementi partecipassero al dolore dell’Incantatrice con così tanta passione, seminando caos e disordine.
<< Malvagia, tu? Oh, Beatrix, io non ho mai conosciuto una persona più altruista di te! Come ti è saltata in mente un’idea simile? Vieni qui. >> Beatrix rispose con foga alla stretta di Will, affondando una guancia nella sua spalla. Il suo amico era lì, vivo e vegeto, non come i fantasmi della sua mente.
<< Mi mancano…mi mancano Will…non riesco più a far finta che questo sia solo un incubo. Ti scongiuro, dimmi che finirà e che presto potrò farli tornare indietro come Nikita ha fatto con me…ti prego, dimmelo! >> lo implorò solennemente Beatrix con voce incolore, aggrappandosi alla camicia di Will striata di lacrime.
<< Ragazza…>>
<< Lo so che non è possibile, ma fammelo credere lo stesso… da qui. >> Beatrix spostò la sua testa su quella dell’amico, sfiorandogli le pieghe della fronte con le labbra semiaperte.
Will non era empatico, ma quando la sofferenza di una persona che si ama diventa così palpabile, non ci sono nessun Potere, nessuna forza salvifica o oscura e nessun incantesimo che possano arrestare il dolore che cresce ineluttabile. Se Beatrix non fosse mai rinata, adesso sarebbe in pace, in quella luce che si spera sia il paradiso. Purtroppo il sacrificio richiestole da Nikita era troppo alto: vivere ancora una volta, ma in solitudine. Quella donna le aveva fatto più un male che un bene, ma Will avvertiva spasimi incontrollati al cuore al solo pensiero che Beatrix fosse lassù invece che tra le sue braccia. E poi, quante persone erano salve grazie a lei? Centinaia. Beatrix era l’unica amica capace di assecondare la sua natura demoniaca, l’unica a tirare il freno a mano quando lui cominciava a esagerare un po’ troppo, l’unica a farlo sentire più umano di quello che si meritasse. Perciò il minimo che poteva fare per lei era mentirle.
<< Troveremo una soluzione, Beatrix, e un giorno sarete di nuovo uniti, per sempre. Ti do la mia parola. >>
E a quel punto piansero insieme, non sapendo però chi dei due aveva più bisogno dell’altro.

Beatrix era distesa sul divano-letto di Will con una coperta di lana che le inguainava le gambe e i fianchi. Le bruciavano gli occhi, e le pareva accecante anche il semplice riflesso lunare che compariva tra le sbarre della finestrella sotto il soffitto. Passò in rassegna la stanza del mutaforma per vegliare se aveva creato ulteriori danni oltre alla sveglia, lo specchio e qualche altra cianfrusaglia di Will selvaggiamente rovinata dal tornado-Beatrix.
Ma la cosa fondamentale era che non era più nuda. La scenata di prima era stata molto imbarazzante. Almeno adesso poteva vantare di avere un paio di jeans scoloriti e una felpa con buffe stampe disegnate sopra. Erano capi eccessivamente larghi per lei, nonché maschili e di vecchia annata.
<< Come va? >> volle chiedere Will, portando una tazza fumante attentamente, come sui trampoli.
Scansò la porta della camera con molta subitaneità, ritrovandosi ai piedi del materasso con un’espressione apprensiva.
<< Meglio, se così si può dire. >>
<< Bé, vedo che la lampadina del bagno è ancora funzionante. Quindi ti prendo in parola. >>
<< E dai… scemo! >> Beatrix gli lanciò addosso un poggiatesta che le capirò a tiro, mancando il bersaglio volontariamente.
<< Ehi! >> Will si accomodò al lato destro di lei e accavallò i piedi, mantenendo il bicchiere in equilibrio sulla sua pancia.
<< Scusa per la mia sfuriata…e solo che a volte ho i miei crolli morali e non riesco a mantenere tutto dentro. >> Beatrix si voltò per guardare con aria indagatrice la faccia di Will, seminascosta dai giochi di ombra che si divertivano a lasciare scoperti solo i suoi occhi dal taglio perfetto.
<< Mia dolce Incantatrice…se non ti incazzeresti ogni cinque minuti non saresti tu. >>
<< Vero >> concordò lei placidamente.
<< E a me piaci per quello che sei. Quindi non farti venire strani complessi che non hai per dare da mangiare a strizzacervelli senza palle o roba così. Non ti permettere. >>
Beatrix rise allibita. << Non è nelle mie intenzioni! >>
<< Per fortuna! Dio sia lodato! >> Will fece il segno di croce e si trastullò con il suo monile come se fosse un rosario.
<< A quanto pare, sei molto più religioso di ciò che credessi. >> L’Incantatrice indicò i crocifissi e le statuette di angeli beati dalle mani congiunte che rendevano il cassettone di fronte al letto un santuario vero e proprio.
<< La mia casa è a prova di vampiro, non ti pare? No, va bé, bando agli scherzi, sì…lo sono molto. >> Le gote di Will erano diventate come due grandi rubini che davano più vitalità al suo caratteristico pallore facciale.
<< È paradossale, sai. Un demone che crede in Dio, e che lo venera con tutto se stesso. Non è molto frequente. >> osservò Beatrix fissando i peli del petto di Will che venivano schiacciati dalla pesantezza della sua collana, così preziosa per lui, spiritualmente parlando.
<< Ho vissuto per molti secoli, e alcune cose che ho visto non possono essere spiegate se non per miracolo divino. >>
<< Tipo? >>
Will utilizzò tutta l’intensità del suo sguardo per far capire a Beatrix cosa voleva intendere, o più precisamente, chi stava menzionando in modo implicito.
<< Io non sono un miracolo. Definiscimi uno scherzo della natura, piuttosto. >>
Will si accigliò. << Io non ti capisco Beatrix…il tuo è un dono, non dovresti rifiutarlo così…>> fece un movimento rotatorio con due dita << e sono pronto a scommettere che prima che tu venissi qui da me, hai salvato un innocente, e quello ti ha pure ringraziato. Allora…ho indovinato? >>
Bastardo calcolatore. Will sapeva sempre trasformare qualsiasi argomento in tornaconti personali confezionati in pacchetti su misura.
<< Hai vinto, Beretta 92. Però non ti pago. Non hai stabilito il valore della puntata, quindi considero annullata la tua scommessa. >>
<< Sei sempre la solita guastafeste… >> Will sbuffò apertamente, ricadendo supino sul letto. Non riusciva mai ad imbrogliarla, proprio mai. Che strazio!
<< Will, attento! Così si versa! >> Beatrix gli ricordò che la tazza era in bilico su di lui, a un passo dal rovesciare il suo contenuto sul piumone, causando un alone che neanche un quintale di detersivo avrebbe potuto eliminare.
<< Giusto…>> Il mutaforma si ricompose sistemandosi qualche ciuffo scomposto che si liberava dalla sua treccia di solito assolutamente impeccabile. << È per te. Una bella tazza di cioccolata calda per acquietare i tuoi sensi bollenti. Il cacao me lo porta ogni settimana un tipo venezuelano che ho conosciuto a Buenos Aires. È ottimo. Assaggia. >>
Beatrix ricollegò i neuroni atrofizzati al suo cervello, per ripescare un ricordo vago riguardo a quell’incontro riferito da Will.
<< Ma Paser non ti voleva ammazzare? O era Sindrome? >>
<< Sì…era Paser…ma abbiamo risolto ormai. È acqua passata. Dai su, bevi, se no si fredda. >>
Beatrix adorava sentire scendere sulla sua lingua la cioccolata cremosa e zuccherina che eccitava le sue pupille gustative, e Will in cucina ci sapeva proprio fare. Per giunta la bevanda era a temperatura esatta, tiepida, come piaceva a lei: se era troppo calda, rischiava di bruciarle la bocca, se era troppo fredda, rubava la soddisfazione di berla lentamente mentre il vapore saliva come coltri di fumo nelle sue narici. Una delizia insuperabile. Sicuramente Will avrebbe rimbeccato dichiarando che esiste un piacere più intenso e travolgente. Ma stranamente chiese: << Cosa farai adesso? >> Uno sprazzo di malinconia contaminò la sua voce, ora più bassa e silenziosa.
<< Andrò a Cloud Town. >> Beatrix non smise di godersi la cioccolata che appariva come una pozza vertiginosa tra le sue mani, mentre soppesava il peso della sua affermazione. Era una pazzia trasferirsi lì, dove probabilmente non avrebbe trovato altro che terrore e ostilità in uno scenario di peccaminoso mistero. Forse il suo amico pio avrebbe voluto accompagnarla in quella landa desolata e dimenticata da Dio. Beatrix sorrise avvertendo quella mezza intenzione di Will farsi strada nei suoi pensieri. Ma lei non lo avrebbe permesso. Per questa volta Will doveva farsi da parte.
A Cloud Town c’era qualcosa che non andava. Persino attraverso il notiziario, si carpiva un chiaro malessere non solo dei cittadini, ma anche della natura stessa. Gli alberi quasi spogli e paurosamente contorti facevano da corografia a un cielo tempestato da nuvoloni grigi e minacciosi.
Una tipica atmosfera alla Sleepy Hollow.
Per fortuna alcune stelle del firmamento erano visibili nonostante il manto cupo della notte, e marcavano i sentieri cosparsi di foglie secche che si posavano sul terreno con soavità.
<< Ho meditato su questa mia decisione…e suppongo sia la cosa migliore. Adesso ho capito che devo andare a fondo, Will. È in ballo la verità sul mio destino e non posso rimanere in panchina ad aspettare che arrivi il mio turno. Ho tergiversato per troppo tempo… >> Beatrix sollevò beffarda il volto alla luna << Cloud Town ha qualcosa che mi appartiene, anche se non so cosa sia. Qualche giorno fa, quando stavo a Los Angeles, ho visto una donna piangere perché aveva perso suo figlio. Mi sono avvicinata e le ho chiesto cosa non andasse e come potevo aiutarla, mentre altri la scansavano pensando che quella fosse la povera malata di mente che cerca ogni notte suo figlio morto da dieci anni… Io mi sento così Will… aspiro a una sensazione non estranea per me…che… >> L’Incantatrice riprese nuovamente fiato abbassando gli occhi febbricitanti << … che è lì, a Cloud Town, che mi attende…e rientra con il mio Potere…e non so perché… >>
<< È normale, Beatrix, che tu ti senta attratta da quel posto maledetto. >> ribatté Will rassegnato, il tono raschiato da una nota dolente. << Cloud Town è una valle sulla costa del Pacifico non molto distante da Los Angeles. Dopo la guerra statunitense-messicana, la città divenne un piccolo centro agricolo, con qualche sobborgo e fattorie distanti dalle zone urbane. Descritta così sembrerebbe una normalissima cittadina, ma già prima dell’arrivo degli europei queste terre erano macchiate dall’indegna mano di Satana. E parlo di molti millenni fa. Successe qualcosa che innescò una potenza demoniaca di ingenti dimensioni, Beatrix, e Cloud Town ne era l'epicentro. Non so come sia stata sventata quell’apocalisse, o chi sia stato il salvatore di turno. Noi demoni ci sentiamo collegati a quella città, come voi Incantatrici, perché è il depositario di un Potere arcano, dove convergono creature di ogni sorta.>>
<< Questa è la voce dell’esperienza che parla. >> ipotizzò Beatrix meravigliata nell’udire un Will così sibillino e reticente.
<< Ci sono stato, secoli fa, e non vorrei ritornarci. Ma sapendo che tu ci vai, potrei…>>
<< No, Will, hai ragione. Tu rimani a San Diego. Domani prendo un volo per Los Angeles, raccolgo la roba che ho lasciato nel mio appartamento, e vado dritta a Cloud Town. >>
<< Beatrix, rimani qui. C’è abbastanza spazio per entrambi, non andare, ti prego. >>
Beatrix scattò dal letto, abbandonando Will nel suo stato confusionale.
<< Devo sapere, io ho bis…>> la frase le morì in bocca, quando Beatrix notò di sfuggita un enorme volatile marrone che sorvolava sui tetti e planava in aria, leggiadro come una libellula. << Oh, Dio, Will! L’hai vista? >>
Il demone si girò al richiamo della sua voce, corrucciando la fronte. << Cosa, scusa? >>
<< Era un’aquila, sì, proprio un’aquila. >>
<< Ragazza, ma hai le allucinazioni? Non esistono aquile che svolazzano nei cieli di San Diego. Per favore, Beatrix, siediti e dormi. Domani mattina ti prendi un bel caffè e ti togli quei grilli che hai in testa. Solo a nominarlo quello schifo diventi claustrofobica e maniacale, e vedi cose impossibili! >>
<< Bah…ero sicura che fosse… ok, una dormita non mi farebbe male… ma non posso rimanere qui. >>
Beatrix attraversò di corsa la stanza, finendo nel laboratorio di Will dove i suoi macchinari erano tutti all’opera: strani liquidi bollivano in un becher grazie a una fiamma blu-arancione sottostante e da un distillatore una goccia precipitò nel fondo di un basso cilindro. Beatrix ne riconobbe subitamente il profumo: essenza di rose rosse.
Will si accodò a lei, cercando fermamente di evitare che l’Incantatrice commettesse una sciocchezza. << Beatrix! Ti vuoi fermare un attimo! Non ti ho ancora detto nulla su Cloud Town…là sarai destinata ad impazzire! Non puoi reggere tutta quella malvagità! Dovrai fare i conti anche con streghe nere che praticano ancora l’osculum infame con il demonio! Ragazza, sei solo traumatizzata…ragiona, dannazione! >>
<< Will, non voglio discuterne. Questo è quanto. >>
La ragazza stava per risalire le scale, quando Will la strascinò indietro. Beatrix per nulla al mondo doveva mettere il naso fuori dalla botola con la sua irrevocabile iniziativa di trasferirsi a Cloud Town.
<< No…>> Il mutaforma la strinse languidamente, imprigionandola nel cerchio delle sue braccia. Lui le trasmise una soffusa ondata di Potere Kitsune, che sfiorò le membra di Beatrix come una carezza di un amante. Armeggiò con le chiavi del suo cuore per rendere padrone il suo affetto per lei, mentre recitava un’Ave Maria mentalmente. Ma pregare sarebbe stato un atto futile. Per assolvere i propri peccati e le bestemmie giornaliere poteva anche andare bene. Però quando Beatrix si impuntava, era difficile smuoverla dalle sue decisioni.
<< Non fare così Will. >> gli sussurrò lei sentendo la schiena a contatto con il petto dell’amico, in cui aumentavano le contrazioni cardiache per lo sforzo della trasmissione di Potere.
<< Sei come una sorella per me. >> Will la costrinse a guardarlo, facendola girare dalla sua parte. Una lacrima rosata scavava una linea sinuosa su una sua guancia. << …perché mi fai sempre piangere…eh? >> si asciugò il viso con una manica << Prenditi una vacanza. Scegli tu la meta. Andiamo dove vuoi…in Egitto, in Grecia?…no, a Vienna…so che ti piace Vienna… >>
<< Non posso. >>
Will sospirò mesto. << Potrai salvare innocenti comunque. Non ti alletta l’idea? Dicono che ai Caraibi ci siano molti Demoni Lacerta, quelli tutti squamosi…>>
<< No, Will. Ti voglio fuori da questa storia... Per tutti questi anni ho cercato delle risposte su chi io sia veramente, >> cominciò Beatrix traendo coraggio dalla forza interiore che era in lei << certo, Nikita mi ha insegnato molto…ma le Incantatrici di un tempo non esistono più. Nikita è solo uno spirito guida, e come lei tutte le altre Incantatrici sono estinte, compresa mia madre. Perciò io non so cosa significhi essere un’Incantatrice al cento per cento, o il motivo per cui non ho raggiunto l'Aldilà insieme alla mia famiglia. E se un modo per scoprirlo è a Cloud Town, non vedo perché non devo andarci. Adesso ho un anelito di speranza, Will. E poi, laggiù potrei dare una mano. Ci saranno pure dei cacciatori o qualche uomo di buona volontà a darmi manforte. >>
<< Oh, come no! Faranno la fila a farsi ammazzare! >> c’era una punta di ironia nella voce di Will.
<< Parli del serial killer? >> domandò Beatrix risoluta.
<< Soprattutto del serial killer… ma secondo me la polizia nasconde qualcosa. È un lavoro troppo pulito per un demone. I mostri provano piacere a succhiare sangue dalle loro vittime o a maciullarne la carne. Probabilmente è umano, oppure qualcosa che non conosco. >>
Beatrix si portò i capelli all’indietro con un gesto lento della mano, le dita che fungevano da spazzola. << Visto così, forse…ma i vestiti bianchi delle ragazze sembrano cerimoniali. Un rito. >>
Will la fissò attonito. << Vuoi dire un rito sacrificale? >>
<< Non mi azzardo a desumere simili conclusioni, >> Beatrix alzò le spalle << ma non è da escludere. >>
<< Già…potrebbe essere così. >> Il demone chinò lo sguardo, massaggiandosi le tempie.
<< Promettimi solo che starai attenta, almeno. Non posso vivere sapendo che saresti in pericolo da un momento all’altro. >> disse Will cambiando subito discorso e cercando di non parlare a monosillabi.
Beatrix stese la mano verso di lui e adagiò le dita sulla sua fronte, i suoi occhi, il suo naso e le sue labbra, disegnandovi uno strano simbolo con frecce verso l’esterno e altre verso l’interno, terminando nel centro del suo cuore. Con il sostegno di Donough, Beatrix sperava di cospargere l’anima di Will con segni di protezione e pace interiore. Non voleva che lui soffrisse, e aiutandosi con questo amuleto magico, forse avrebbe vegliato su di lui anche a chilometri di distanza.
<< Comunque vada, un giorno ci rincontreremo… >> Pronunciò una formula sacra al suo popolo in una lingua sconosciuta a Will: il linguaggio delle Incantatrici. Pareva delicato come lo scalpitio delle acque e tenero come la ninnananna di una madre cantata per far addormentare il proprio piccolo nella culla. Il mutaforma non seppe tradurre letteralmente il significato, ma non si affannò a ricercarlo. Aveva capito appieno.
<< Prima di partire, piccola, ho bisogno di un altro campione del tuo sangue. È per il nostro esperimento. >>
L’Incantatrice annuì. << I risultati del test? >>
<< Negativi, purtroppo. Ma ci sto lavorando, mi serve solo più tempo. C’è qualcosa nel brevetto che devo rivedere…ma ci siamo quasi. >>
Beatrix aiutò Will a preparare la siringa e il flaconcino per inserire il suo sangue, con un’apposita etichetta su cui scritto “Incantatrice”. Strinse un pugno per far emergere la vena dal suo braccio, e non sentì neanche la punta dell’ago mentre questo la perforava. Seguì il flusso del proprio fiume vitale con lo sguardo, che scorreva via nel tubicino di gomma.
Quando ebbe fatto, Will conservò la provetta in uno sportello di vetro, e fissò interdetto l’amica, sul punto di dirle qualcosa. Ma decise di sorvolare, almeno per il momento.
Prese invece un block notes dove scribacchiò su una pagina un numero di telefono fisso e di cellulare, porgendolo poi a Beatrix.
<< Chiama se hai bisogno. Non esitare. >> esordì lui sommessamente.
<< Lo farò, grazie. >> L’Incantatrice si infilò frettolosamente il biglietto in tasca e si mise in spalla il suo cappotto di pelle. << A presto. >>
Così Beatrix si congedò, lasciando un Will imbambolato e afflitto da tormenti così strazianti da contorcerle lo stomaco e pungerlo con mille spilli.
Non ti girare, non ti girare, resisti, resisti, respira…
Appena fuori, Beatrix proseguì per la sua strada, provando a non immaginare l’amico totalmente in pena per lei e circondato dalle sue armi, mentre contemplava il vuoto occupato da Beatrix un minuto prima.
D’un tratto, l’Incantatrice si sentì invasa nel suo intimo da qualche guardone, in attesa nel buio della notte. La sensazione di essere spogliata da lontano si unì a un insistente odore di bruciato, che la colse di sorpresa. Non era però indigesto e nauseabondo, bensì un aroma invitante, colmante, come quello delle candele profumate al muschio bianco o alla fresia.
Un brivido la percosse e una spirale di folle desiderio pulsò in tutte le fibre del suo essere.
Venne catturata da una caldura particolarmente seducente che la mantenne sospesa tra il piacere e il dovere. E non fu solo la curiosità che la spinse a chiedersi chi fosse il Guardone e a coprirsi di pensieri poco ortodossi. Ma adesso aveva cose più importanti a cui pensare. Le reazioni del suo corpo potevano aspettare. Dopotutto, non erano anni che aveva rinunciato con decisione a una vita da comune mortale?
Percorse a brevi passi la stretta viuzza che si apriva davanti a lei, illuminata dalla luna e da un fondale di stelle che segnavano d’argento il cammino di Beatrix, come se fosse seguito da una miriade di angeli scesi dal cielo.

2 commenti:

  1. bellissima questo storia!!!scrivi benissimo!!k tipetta la tua Beatrix!XDXD...non vedo l'ora di leggere il tuo prossimo chappy!!fai prestoXD!baci
    Aislinn

    ps-ho scoperto la tua storia attraverso il blog di weirde...mitika...XD ciau!!

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  2. Mi fa piacere che la storia ti piaccia! E sì, Beatrix ha un bel caratterino ^_^ Sto scrivendo l'ottavo capitolo proprio in questi giorni...la vicenda si evolve... A presto Midha

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